Scegliere il partner
Sono sempre più numerose le coppie che ricorrono a me perché, dopo un periodo più o meno lungo di convivenza piacevole e segnata dall'ottimismo, sono entrate in una fase nella quale emergono limiti e divergenze così grandi da mettere in discussione la relazione stessa. Spesso si aggiungono anche differenze sostanziali nella visione del futuro.
Nel primo incontro, dopo un breve dialogo iniziale, mi accorgo subito delle differenze che poi ognuno dei due denuncerà come fonte di insoddisfazione. Dimenticandomi di essere lo psicoterapeuta, mi viene spontaneo chiedere a ognuno: “Come hai fatto a non accorgertene prima, dato che ciò di cui ti stai lamentando è così evidente nel tuo partner?”.
Su questo problema vorrei fare alcune considerazioni, probabilmente più utili ai lettori più giovani, mentre la maggior parte di chi mi legge avrà già vissuto e, spero, superato questa fase della vita... Magari dirò loro qualcosa di utile da poter trasmettere ai propri figli e nipoti.
Parto dalla conclusione per poi approfondire il tema.
“Se ciascun componente della coppia fosse, da subito o nei primi mesi di convivenza, capace di vedere con chiarezza le caratteristiche, soprattutto quelle profonde, della propria struttura psichica e di quella dell'altro, in molti casi non si sarebbero scelti per un rapporto duraturo oppure avrebbero affrontato subito le differenze di base per verificare la possibilità di superarle o accettarle”.
Data per vera questa affermazione, ne deriva che alla base del problema c'è l'incapacità diffusa di conoscere in profondità se stessi, l'altro e i reciproci bisogni e paure. Come mai tanta mancanza di consapevolezza? Perché le persone si accoppiano sulla base della spinta data dal desiderio sessuale e di due bisogni fondamentali: non essere più soli e avere un caldo contatto affettivo. Solo poche persone, le più sane, associano da subito a questi bisogni, che operano totalmente nel presente, anche quelli di più ampio respiro come la costruzione di un futuro insieme, che consenta di arricchire la propria identità attraverso la formazione di una famiglia.
Se due persone, incontrandosi, saturano da subito in modo soddisfacente i due bisogni primari del presente, si sentono bene e, per non turbare il benessere in atto, evitano di porsi troppe domande su di sé e sul partner. Quando emergono i primi problemi, tendono a non vederli e a sottovalutarli oppure a rimandare il momento di affrontarli, convincendosi con: “Lo aiuterò a cambiare” oppure “Lo accetterò così com'è e ci farò l'abitudine”, ma spesso non avvengono né cambiamenti né accettazione. E tanto più forti sono i bisogni iniziali che spingono all'accoppiamento, tanto minore è la lucidità nel guardare il partner e nel vedere se stessi. La conseguenza è che dopo un periodo, talvolta anche lungo, di convivenza emergono prepotentemente le differenze rimosse che finiscono per mettere in crisi l'unione.
Ecco alcune delle affermazioni più frequenti, fatte dai coniugi.
“Mi sto rendendo conto che non è un vero maschio”.
“È un bambinone viziato!”.
“È femminile solo nel vestirsi e truccarsi, ma per il resto ha più palle di un maschio e non mi lascia spazio”.
“È egocentrico, non mi ascolta o, anche se mi ascolta, non fa alcuno forzo per capirmi”.
“È troppo possessivo!” - “È troppo gelosa!”.
“È prepotente, vuole impormi la sua vita e non accetta la mia”.
“Si interessa troppo poco ai bambini”.
“Non mi fa mai complimenti, è poco affettuoso, tranne che durante i rapporti sessuali, e non ha l'atteggiamento di chi mi protegge”.
“Tende a scaricare su di me quante più responsabilità gli è possibile”.
“Manca di sensibilità e di delicatezza”.
E così via...
Mi viene da dir loro: “Se siete consapevoli di queste differenze da tanto tempo, perché non le avete messe sul tavolo e affrontate con decisione?”. Il più delle volte la risposta è del genere: “Per un po' siamo stati così bene insieme che non sentivamo il bisogno di guardare più in là e, quando sono cominciate a emergere le prime difficoltà, le abbiamo sottovalutate per non alterare l'equilibrio raggiunto. Strada facendo, poi, abbiamo avuto paura di mettere in discussione la nostra relazione, per i nostri figli e per non ritrovarci soli e dover ripartire da capo”.
L'esperienza mi ha confermato che questo tipo di errori iniziali, in parte inevitabili ma non per questo meno gravi, sono molto frequenti. Sono quelli che, nel tempo, rischiano di danneggiare o mandare a monte una famiglia con figli.
Lo so che a una persona che sta morendo di fame può sembrare buonissima una semplice minestra. So però anche che, saziata la fame più urgente e sicura della disponibilità costante di tale minestra, nasce e si sviluppa un senso più critico nei confronti di ciò di cui ci si nutre, dato che emergono bisogni più profondi, rivolti anche al futuro. Come è possibile conoscere meglio i propri veri bisogni e quelli del proprio partner in modo da andare al di là di un primo soddisfacimento di quelli superficiali? Alcuni semplici consigli:
• cercate di non arrivare, nella vostra vita, a stati di solitudine e di bisogno di contatto fisico e sessuale troppo acuti. In questi casi infatti l'intensità dei bisogni toglie lucidità nelle scelte;
• se invece siete già in questa situazione di bisogni acuti, è quanto meno necessario che non vi aspettiate di colmarli attraverso la relazione con il partner. Il compagno può supplire solo in parte a carenze affettive che hanno origine nell'infanzia;
• anche se prevalgono i bisogni legati al presente (solitudine e sesso), occorre non perdere di vista i nostri bisogni più profondi, legati al futuro: crescita, famiglia, figli, libertà, lavoro, luogo dove vivere, rapporti sociali, eccetera. Nello scegliere un partner è importante verificare in che misura collimino anche tali bisogni profondi, presenti e futuri:
• quando formiamo una nuova coppia è di fondamentale importanza tenere gli occhi bene aperti e non sottovalutare le differenze che emergono, per non disturbare il piacevole equilibrio iniziale. In breve tempo dovremmo capire se si tratta di una persona sulla quale investire solo a breve termine oppure anche a medio-lungo.
Se non poteste seguire questi consigli perché avete creato un legame forte con una persona che, da un certo punto in poi, sentite non adatta per un rapporto duraturo, non sprecate la sofferenza insita nella situazione, ma utilizzatela per:
• diventare più pazienti e accettanti dopo aver condiviso profondamente con il partner le emozioni, i problemi e le differenze che rischiano di allontanarvi da lui. In questa fase è possibile anche conoscere meglio voi stessi, i vostri veri bisogni, le vostre paure, i vostri limiti e le vostre qualità;
• fare di tutto per cercare di cambiare, attraverso la continua condivisione col partner, i vissuti negativi che si sono creati in entrambi. Durante la condivisione ricordate due regole fondamentali tra loro correlate: “Non esiste mai una persona che ha torto e una che ha ragione; esiste solo una differenza”. Di conseguenza: “Non bisogna mai dare giudizi sull'altro, ma solo informarlo dei propri sentimenti ed emozioni”;
• se avete messo in pratica questi consigli e avete fatto di tutto, ma inutilmente, per cambiare la situazione, trovare il coraggio di interrompere il rapporto facendo però tesoro, lo ripeto ancora, di tutto ciò che è possibile imparare da un'esperienza molto dolorosa;
• prima di arrivare alla separazione, e ancor meglio se lo fate all'inizio della crisi, è utile farvi aiutare da uno psicoterapeuta esperto. Insieme a lui potrete capire meglio ciò che non funziona nella vostra coppia e valutare come sia possibile aiutare ciascuno dei partner a vedere meglio i propri difetti e rendersi conto della propria parte immatura.
Molte persone, dopo un lungo periodo di crisi, decidono di separarsi anche perché hanno incontrato un altro potenziale partner che, naturalmente, sembra sempre migliore del coniuge e rende ancor più insopportabili le differenze con lui.
Introdurre la figura dell'amante sfalsa la percezione che si ha del proprio coniuge, creandoci l'illusione che il nuovo amore possa diventare un compagno molto migliore di quello attuale. Spesso ciò non accade in quanto l'amante, una volta diventato compagno e convivente, riporta a galla problemi sostanzialmente non molto diversi da quelli che si aveva con il precedente coniuge. Personalmente sono contrario a questo tipo di “non soluzione” del problema in quanto, vivendo una seconda relazione, si toglie alla prima molta energia che è invece indispensabile per affrontare e risolvere i problemi in coppia. Se non ci si riesce a cambiare la situazione, è inevitabile separarsi ma è importante farlo il più rispettosamente e dolcemente possibile, tenendo conto che anche ciò richiede energia e concentrazione sul proprio rapporto di coppia. Solo dopo un bel po' di tempo dalla separazione, avrà davvero senso rientrare nell'ottica di accoppiarsi nuovamente.
I figli non gradiscono che i genitori passino facilmente a un altro rapporto, tanto più se di convivenza. Se hanno già una certa età è di fondamentale importanza che il nuovo compagno risulti ben accetto. Per questo ai figli occorre un tempo sufficiente per digerire e assimilare la separazione. Se poi non vi fosse accettazione reciproca tra loro, sconsiglio vivamente di forzare la convivenza, dato che sulla distanza il prezzo che verrà pagato rischia di essere molto alto.
Introdurre un nuovo partner, e ancor peggio convivere subito con lui a separazione appena avvenuta, è la soluzione più semplice, meno dolorosa, meno rischiosa psicologicamente ma, proprio per questo, offre meno frutti sul piano della crescita individuale. Si deve ricordare che quando una relazione affettiva va in crisi non esiste un solo responsabile ma solo una somma di differenze tra i coniugi. Se non si vogliono generare con il nuovo convivente gli stessi o altri errori di coppia, è importante sfruttare la crisi per diventare molto più consapevoli e accettanti sia di se stessi che dell'altro. Per ottenere questo risultato bisogna condividere le proprie emozioni, anche se in gran parte dolorose, con il partner.
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